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La Psicoterapia Psicoanalitica del gruppo-famiglia come terapia della resistenza alla terapia individuale

LA RICERCA PSICOANALITICA

D'ORAZIO LELLI
FORMAZIONE E RICERCA PSICOANALITICA
SCUOLA DI PSICOTERAPIA PSICOANALITICA
DELLA COPPIA E DELLA FAMIGLIA



LA PSICOTERAPIA PSICOANALITICA DEL GRUPPO-FAMIGLIA
COME TERAPIA DELLA RESISTENZA
ALLA PSICOTERAPIA PSICOANALITICA INDIVIDUALE

Giovanni D'Orazio Elisabetta Lelli

Quando si parla di terapia di coppia o di terapia familiare spesso
si intende una situazione in cui le persone coinvolte discutono di problemi
inerenti la relazione nella coppia oppure le relazioni all'interno della famiglia
che impediscono la normale vita della coppia o della famiglia,
per cui tutto è fermo e gira intorno al problema non risolto.
Viene quindi denunciata una relazione patologica
che ingaggia i membri della coppia.
Noi sappiamo che la relazione patologica è inconsapevolmente sostenuta
dai membri della famiglia
assumendo per ognuno di loro un ruolo difensivo
rispetto all'emergere di personali conflitti inconsapevoli.
Sappiamo che le persone si fanno ingaggiare in queste relazioni patologiche
per evitare il confronto con loro problemi interni e ogni tentativo del terapeuta
di riportarli a problemi personali viene boicottato da ambedue i membri della coppia,
si forma così tra di loro un legame di reciproco aiuto difensivo.
In tal caso conviene accettare il terreno proposto
perché è l'unico che in quel momento sono disposti a tollerare,
in tal modo la terapia del gruppo-coppia o del gruppo-famiglia può essere vista
come una terapia della resistenza alla terapia individuale.
Quando la coppia è coinvolta dal problema di un figlio,
sappiamo che cercare di coinvolgerla come coppia non porterà ad alcun risultato
in quanto quel terreno diventerà presto fonte di ansia e sarà boicottato.
E ciò avviene perché la resistenza a una terapia individuale è ancora più forte.
Se accettiamo un setting familiare, riusciamo a rendere meno forte tale resistenza
creando un clima favorevole alla riflessione.
Da ciò si può dedurre che più forte è la resistenza
ad una comprensione individuale del malessere
e più dobbiamo allargare il campo di intervento.
Meno forte è la resistenza, più possiamo ridurre il campo.
Visto in quest'ottica la scelta del setting è legata alla valutazione del terapeuta
rispetto alla disponibilità del paziente a riflettere su se stesso e sulle relazioni
con gli altri della coppia e della famiglia.
Questo criterio è stato di aiuto per affrontare molti casi clinici
che si sono presentati in un primo momento
come problemi relativi ad un figlio od a una figlia,
ma subito dopo come problemi di una coppia
coinvolta in un caos iniziale di accuse reciproche
che tendevano a far passare in un secondo piano
il serio disturbo psichico del figlio o della figlia.
In tali casi abbiamo registrato che era difficile chiedere ai genitori
una collaborazione alla terapia del minore poiché appena si accennava
a tale problema partivano le accuse reciproche.
Bisognava quindi uscire dal clima di accuse e cercare una collaborazione
fatta sulla comprensione da parte dei genitori del disagio psichico del minore.
Il trasformare il setting individuale (per il minore) in un setting familiare
con l'attiva presenza del terapeuta o dei terapeuti (nel caso di una conduzione congiunta)
ci ha permesso di creare un'atmosfera di collaborazione
che abbiamo chiamato "gruppo-famiglia"
dove il terapeuta si propone e viene riconosciuto come membro attivo del "gruppo-famiglia"
e quindi leader di tale gruppo.
Il fatto che il terapeuta costruisca questo nuovo setting lo distingue dal terapeuta familiare
che osserva la famiglia evitando di partecipare al clima
e di essere coinvolto dalle ansie familiari.
Infatti per il terapeuta accettare di essere coinvolto dalle ansie familiari,
come oggetto di relazioni di ruolo inconsce da tutti i familiari,
lo trasforma in un "terapeuta coinvolto"
che, osservando dentro di sé gli aspetti e le ansie controtransferali,
può trasformarsi da terapeuta solo osservante in terapeuta coinvolto ed osservante.
Questa trasformazione del ruolo del terapeuta
lo rende membro a tutti gli effetti del "gruppo-famiglia"
e lo pone come un terapeuta che, con la sua presenza attiva dal punto di vista emotivo,
garantisce i membri della famiglia dall'ansia a volte quasi psicotica
nei passaggi di individuazione necessari al loro sviluppo emotivo.
Quindi in tal modo il terapeuta trasforma la famiglia
da luogo che impedisce l'individuazione
in agente di individuazione,
cioè in luogo emotivo in cui tutti i membri
possono essere se stessi senza dover rinunciare
al calore affettivo del gruppo familiare.
In tale clima il disagio del figlio può essere compreso senza portare alle vecchie tensioni emotive.

Milano, 18 agosto 2019


Tutte le pagine Copyright (c) Giovanni D'Orazio & Elisabetta Lelli 2019




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