www.doraziolelliscuolapsicoterapia.org


Vai ai contenuti

Menu principale:


Intervento di Giorgio Ivancevich e risposta di D'Orazio sulle tracce emotive nel processo terapeutico

LA RICERCA PSICOANALITICA


D'ORAZIO LELLI FORMAZIONE PSICOANALITICA
SCUOLA DI PSICOTERAPIA PSICOANALITICA
DELLA COPPIA E DELLA FAMIGLIA
Via Poggi 1 MILANO
Corso Saffi 1 b GENOVA


INTERVENTO DI GIORGIO IVANCEVICH (*)
E RISPOSTA DI GIOVANNI D'ORAZIO
RIGUARDO ALLE TRACCE EMOTIVE INTERNE
ALLA LUCE DEL PROCESSO TERAPEUTICO



Giorgio Ivancevich
Scusatemi se tardo sempre nelle risposte, ma prendo molto sul serio le vostre stimolazioni e a volte mi trovo perplesso perché mi sembra che, quello che mi viene in mente, tolga profondità alle vostre considerazioni, ma tant'è che voi chiedete giustamente contributi schietti e autentici, molto più utili per tante cose che con grande onestà intellettuale mettete in gioco.
Penso che descrivere il mio "racconto" di quanto è successo possa far capire meglio il mio approccio : il tuo paziente solo alla fine della seduta (ipotesi: per vergogna del suo desiderio di essere consolato e non lasciato solo) ti parla della sua tristezza per la morte del padre e di non essere stato all'altezza di quello (sé ideale) che si chiedeva: essere forte e non perdere un secondo dello stare insieme al padre (probabilmente di non essere stato capace di dirti quanto voleva starti vicino). La tua acuta sensibilità, affinata in tanti anni, ha percepito il bisogno-desiderio del paziente e il tuo cervello ti ha fornito una rappresentazione, disponibile tra quelle incise nei tuoi neuroni col fuoco delle emozioni più intense, per farti arrivare alla coscienza quello che stavi già sentendo. Quindi, secondo me, l'innesco è del tuo cervello, non da parte del paziente. Lui si è limitato a comunicarti in maniera "coperta" il suo sentire e il tuo cervello lo ha "scoperto". Se tu non avessi avuto quella situazione nel tuo "magazzino " di lampi emozionali significativi, avresti sentito e poi coscientizzato in altro modo (ad es. il tuo cervello poteva togliere dallo scaffale una situazione associabile vissuta da qualcun altro, etc.). Ognuno di noi ha questo deposito di flash emotivi che rappresenta ciò che ci ha formato, indirizzato, ci ha fatto scoprire chi siamo, collocato nella vita. Non possiamo avere "scene" per tutto, ma la nostra sensibilità può cogliere molto e si ingegna a parlare alla nostra coscienza usando quello che si presta, se c'è, o cercando altre strade. L'identificazione è uno strumento, come giustamente sottolinei, stupendo per capire il mondo del paziente, si può dire che se con l'intensa comunicazione fa attivare il nostro cervello e quello ci aiuta risvegliando una scatoletta emotiva appropriata, come nel tuo caso, è fortunato il paziente, fortunato l'analista e quindi il momento terapeutico.
Un'altra volta ti racconto una mia esperienza in tal senso che mi ha portato a vederla, capirla così.
Ciao



Giovanni D'Orazio
Caro Giorgio, grazie molto della tua riflessione.
Penso che dentro di noi nel cervello ci sia un contenuto emotivo che chiamo tracce emotive interne. Tale contenuto è fatto di ricordi di frammenti di relazioni, cioè di un Sé, di un oggetto e di una relazione tra loro. Questi frammenti sono colorati e investiti di elementi affettivi particolari che fanno sì da essere senza tempo e sempre presenti in noi. Sono frammenti fuori della nostra coscienza, ma facilmente attivabili da episodi emotivi che incontriamo nella vita. Questo bagaglio emotivo fa parte della nostra storia emotiva, che è la storia più importante e che ci rende diversi l'uno dall'altro.
Nell'esempio che ho citato e che tu hai compreso perfettamente, quel mio ricordo emotivo mi é affiorato senza crearmi conflitti, per esempio non mi sono vergognato. A volte il paziente evoca pezzi della nostra storia emotiva che provocano un conflitto. Ed allora l'emergere dall'inconscio descrittivo può generare senso di imbarazzo, senso di colpa oppure vergogna.
Quindi il paziente in questo caso ci attiva un conflitto che il terapeuta deve affrontare con le sue conseguenze. Troverà, nel migliore dei casi, una soluzione accettabile e progressiva a tale conflitto. In questo caso modificherà la sua postura psicoanalitica nella maniera che gli permetterà di comprendere il paziente e di curarlo.
Quindi il rapporto con il proprio mondo emotivo che chiamo le tracce affettive diventa il centro dell'attività terapeutica.
Sperando di essermi spiegato, ti invio questo pensiero e ti ringrazio tanto del tuo.
Ciao

Milano, 31 agosto 2019


(*) Dott. Giorgio Ivancevich, psicologo psicoanalista


Tutte le pagine Copyright (c) Giovanni D'Orazio & Elisabetta Lelli 2019

Tutte le pagine Copyright (c) Giorgio Ivancevich 2019

- Pieralisi, G. (2015). "La postura psicoterapeutica: un processo evolutivo" pp. 9-33, in "La postura psicoanalitica - Raccolta di Seminari Teorici e Clinici"- a cura di Andrea Clarici e Andrea Zanettovich - EUT Edizioni Università di Trieste, Trieste 2015

HOME PAGE | CHI SIAMO | LA FORMAZIONE PSICOANALITICA | LA RICERCA PSICOANALITICA | I NOSTRI CORSI 2024 | LA NOSTRA ATTIVITA' CLINICA | DOVE SIAMO | Mappa del sito


Menu di sezione:


Tutte le pagine Copyright (c) Giovanni D'Orazio ed Elisabetta Lelli 2002 - 2024. Tutti i diritti riservati.Partita IVA: 01310110992. Codice Fiscale: 01310110992 | info@doraziolelliscuolapsicoterapia.org

Torna ai contenuti | Torna al menu